Il mio viaggi a Dubai inizia con le mie paranoie in fatto di abbigliamento ancor prima di partire.
Dopo diversi articoli letti sull’argomento e il mio armadio che mi ricorda che i 3/4 dei miei vestiti dormono sonni profondi a 1000 chilometri di distanza, mi sono arresa al concetto che viaggiare leggeri è sempre la decisione giusta.
Braccia coperte, gonne fino al ginocchio, nessuna scollatura o trasparenza: una volta arrivata, mi sono resa conto che la questione aveva occupato i miei pensieri sin troppo. Resto dell’idea che la discrezione sia la strada migliore da seguire, ma i miei occhi hanno incrociato spesso vestitini sgargianti, minigonne e canottiere.
Controversa, amata, odiata, incompresa, Dubai è tutto quello che un occhio europeo non è abituato a vedere.
Una città che non ha un centro, creata su un rettangolo di deserto ai cui due estremi si concentrano agglomerati di torri altissime: interi quartieri sviluppati in altezza che ospitano uffici, hotel e appartamenti che ti vengono proposti in vendita all’angolo della strada. Nel mezzo, una distesa di ville dai toni chiari dove vivono principalmente le famiglie allargate dei locali, che guardate da lontano perdono linee e confini e si mischiano con i colori della sabbia.
Una città senza storia; o meglio, una storia i cui segni sono sprofondati nel deserto, cancellati dal vento, sostituiti dal cemento e dell’acciaio e che si sta tentando di recuperare per testimoniare che un passato c’è stato e affonda le radici a 5.000 anni fa.
Dubai per me è stato un continuo déjà-vu: Singapore, Chicago, Las Vegas, Il Cairo, New York, ma andando oltre la superficie ho capito che non è nessuna di queste.
Dubai è un mondo a parte, originale nel suo breve passato di città appena cinquantenne, alimentata da una valanga di investimenti milionari volti a renderla unica nel suo genere.
Dubai will never settle for anything less than first place.
Mohammed bin Rashid Al Maktoum, sceicco fondatore di Dubai
Ho cercato di comprenderla attraverso i racconti di chi ci è arrivato per caso diversi anni fa, per lavoro disegna i grattacieli che ne caratterizzano lo skyline e si è sposato in una delle chiese cattoliche di Dubai; lo stesso che non dichiara mai apertamente l’affetto che nutre per lei, ma lo lascia trasparire da ogni singola parola, una spiegazione minuziosa, una giustificazione illuminante.
Dubai è il progetto ambizioso di un emiro che ha voluto trasformare un vecchio e minuscolo villaggio di pescatori e commercianti di perle in una città per i suoi abitanti che facesse invidia al resto del mondo.
Una città da record, sempre più ecosostenibile dove i nuovi grattacieli sono concepiti per essere energeticamente autosufficienti, la cui economia diviene gradualmente meno dipendente dal petrolio e sempre più focalizzata sul turismo ed il commercio.
My grandfather rode a camel, my father rode a camel, I drive a Mercedes, my son drives a Land Rover, his son will drive a Land Rover, but his son will ride a camel.
Mohammed bin Rashid Al Maktoum, in merito alla riduzione della disponibilità del petrolio
Una destinazione amata da chi è affascinato dallo sfarzo e dal lusso; la meta perfetta per il turista facoltoso che vuole guardare ad Occidente posando gli occhi su grattacieli, boutique d’alta moda, fontane danzanti, ristoranti stellati, piste da sci e continuare a sentirsi a proprio agio, rispettando le proprie regole.
Dubai è il grattacielo più alto, il mall più grande, la fontana più spettacolare; è il rombo di una Ferrari, di una Maserati seguito da quello di una Bentley.
E’ uno stile che richiama all’architettura araba di un tempo, ma che nel suo essere estremamente nuovo, lucente e perfetto risulta altrettanto estremamente artefatto.
E’ il tacco 12 che spunta da un abbaya, il trucco marcato incorniciato da un velo nero e il profilo perfetto realizzato da un chirurgo plastico.
E’ un ragazzo indiano che spazza via la sabbia dalla passerella di Dubai Marina ad ogni passo di infradito e quello che si occupa di inserire il biglietto nella macchinetta del parcheggio per far alzare la sbarra, anche se dall’auto ce la si fa benissimo da soli.
Dubai è un impiego per tutti, anche in eccesso; è la potenza di chi ha un’attitudine al comando, sia per soldi che per cultura.
Una cultura che si mischia con altre cento e nella quale ho trovato gentilezza in svariate occasioni: quella di un poliziotto che mi indica la strada senza chiedergli nulla; quella di cedermi il passo nel prendere la scala mobile e in altre situazioni – un gesto galante al quale i miei colleghi romani mi avevano fatto abituare, ma che al di fuori dell’ufficio è una rarità e credo sia un peccato per entrambi i sessi – quella di chiedere a chi ti sta accanto in metropolitana se ci si vuole sedere prima di accomodarsi.
La metropolitana nelle ore di punta è affollatissima e a volte si fa fatica a scendere per lo scudo umano che si crea davanti alle porte. Ogni treno ha due vagoni speciali: il Gold Class per chi, pagando il doppio, vuole viaggiare lontano dalla folla e quello interamente riservato a donne e bambini, il quale è delimitato dal resto da una riga rosa shocking, garantendo alle donne che scelgono di salirvi un posto a sedere o quantomeno un modo di viaggiare più comodo, e io la trovo una cosa bella.
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E poi Dubai è quello che più ho voluto trovare.
L’eco dei muezzin che risuonano dagli altoparlanti nei vicoli di Al Ras al tramonto, creando una un’atmosfera surreale. Tutto sembra fermarsi e azzittirsi mentre nella realtà decine di persone continuano a muoversi come formiche brulicanti, a piedi, trainando un carretto di frutta e verdura o di cianfrusaglie, in bicicletta, su furgoncino sgangherato: è caos, è preghiera, è la vita normale che scorre dietro le quinte.
E’ un giro in abra per raggiungere Bastakiya, sull’altra sponda del Creek, condividendo la panca con chi attraversa il fiume per andare da casa alla propria bottega, portandosi dietro sacchi pieni di quegli oggetti che poco dopo proverà a rifilarti mentre ti aggiri nei vicoli stretti del souk, chiamandoti Shakira o col nome di un calciatore italiano.
Lungo il fiume il profilo della città cambia completamente: le altezze si riducono drasticamente, spuntano gli innumerevoli minareti e la vista è catturata dalle barche mercantili di legno, pitturate di celeste e di bianco, assiepate sulla sponda, l’una accanto all’altra, strette in un grande Tetris ondeggiante, sulle quali si scorgono personaggi che sembrano essere rimasti incolumi alla trasformazione che ha investito tutto il resto della città.
A qualche chilometro di distanza, un ticchettio metallico assordante e il vociare incessante delle contrattazioni scandiscono i ritmi del mercato del pesce di Deira, mentre l’acqua scorre lungo il pavimento portandosi dietro sangue e viscere, ma lasciando intatto l’odore pungente che c’è nell’aria.
Mentre cerco di schivare con le infradito le zone più pericolose dell’acquitrino, un uomo mi insegue con il dito infilato nella branchia di un tonno enorme e mi invita a fare lo stesso così mi ci faccio una foto: lo ringrazio e rifiuto; lui mi stringe una mano sorridendo, in uno scambio da pelle a pelle di odori e umidità, e mi saluta “Ciao Italia!”.
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Non ho scelto Dubai per un viaggio, ma ho sfruttato l’occasione di una conferenza per andarci e ne sono contenta.
Non so se mai ci tornerò ma, come spesso mi capita al rientro, ho la sensazione di non aver visto tante cose, anche se ho spuntato le diverse voci della lista dei luoghi da vedere. Ma si sa, quando si è in viaggio il tempo scorre più veloce e io sarei rimasta volentieri a guardare la vita che scorre lungo il Creek ancora per un po’.
Dubai può avere diverse sfaccettature, basta cercare quella più affine a noi.
ci sono stato circa un mese fa, di passaggio, un paio di giorni…. mi ci ritrovo in quello che dici 🙂 brava!
Grazie Simone! Per caso ha pubblicato qualcosa in merito? Sarei curiosa di guardarla dal tuo punto di vista.
Ciao Francesca. Non ancora. Non mi ha convinto come città… Sono stato due giorni e l’ho girata in lungo ed in largo… Le mie foto non mi convincono molto…
Immagino il livello delle tue foto che non ti convincono molto.. 😉 Se cambi idea, avvisami per favore: spesso mi perdo qualche pezzo!
Certo!! Un super abbraccio!!!
Splendido articolo, hai decisamente addolcito l’idea che avevo di Dubai: una città fredda, finta, solo per ricchi. Non sapevo che ci fosse un mercato del pesce, anzi non pensavo ci fossero mercati!
Grazie Anna. Era un po’ l’idea che avevo io prima di arrivarci: Dubai resta una città per ricchi e per chi è alla ricerca del lusso, ma fortunatamente non è solo quello!
E’ un bellissimo articolo, che va a scavare dietro quella che è la facciata di Dubai.
Avevo letto altri post, tutti uguali, sullo sfarzo e sulla magnificenza di questa città. Ma con le tue parole mi hai mostrato una Dubai che mi incuriosisce, che va al di là delle apparenze, e per questo ti ringrazio davvero.
E ora mi hai fatto venir voglia di vederla e valutarla con i miei occhi!!!
Grazie a te per averlo apprezzato così tanto, davvero.. è una soddisfazione 🙂
Prendila in considerazione in occasione di un futuro viaggio invernale verso est, ma fermati il tempo necessario per scoprirla bene e gira a piedi (Dubai non è stata progettata per camminare, ma i marciapiedi ci sono e all’interno della stessa area si può passeggiare tranquillamente) e con i mezzi pubblici, che sia metro o bus, il più possibile.
E poi sarò curiosa di sapere cosa ne pensi!
Mi ritengo una che lotta contro i pregiudizi. E il viaggio è lo strumento più utile. Ma penso sia una lotta che non ha fine. Ammetto di aver aperto la pagina di questo articolo con un miscuglio di curiosità e scetticismo: cosa si può scrivere su Dubai. Ho letto e mi è piaciuta la prospettiva oggettiva con la quale sei riuscita a dipingere le tue passeggiate.
Non potevi dire cosa più giusta, Ami: viaggiare è lo strumento migliore per superare i pregiudizi. Tante volte è successo anche a me di ricredermi e cambiare opinione di luogo dopo esserci stata. A volte sento dei commenti sparati a bomba davanti ai quali resto senza parole: ecco, mi piacerebbe che le persone viaggiassero molto di più proprio nei Paesi verso i quali hanno dei preconcetti almeno capirebbero che tra il bianco e il nero ci sono centinaia di sfumature bellissime.
Dubai mi affascina moltissimo come località, forse proprio per vedere con i miei occhi quei forti contrasti che riesci a descrivere tanto bene. Grazie per avermi portata là oggi pomeriggio 🙂
Figurati Alessia, il piacere è mio. Allora non mi resta che augurarti di andarci il prima possibile e godertela fino in fondo!