Come ti avevo anticipato nel post precedente, l’itinerario si è concentrato principalmente nei fiordi occidentali, l’unica zona che due anni fa non eravamo riusciti a vedere per bene, e gli ultimi due giorni ci siamo spinti a sud con l’idea di tornare a Jökulsárlón, dove alla fine siamo stati, nonostante un cambio di programma last minute e i tantissimi chilometri da fare.
Di seguito trovi la descrizione di tutte le tappe della parte finale del nostro ritorno in una terra magica come l’Islanda, ma voglio iniziare con gli highlight dell’intero viaggio, ovvero le cose, i posti e le esperienze che continuano a farci sognare di tornare ancora:
• la fioritura dei lupini a giugno.
• Ísafjörður, la capitale dei fiordi occidentali, circondata da montagne spettacolari.
• dormire in una casa islandese con un vero islandese e passare la serata a guardare vecchie fotografie.
• i panorami lungo la strada 68 fino a Drangsnes e lungo la 61 verso Súðavík
• Dynjandi, l’unica cascata dei fiordi occidentali, e Gljúfurárfoss, la cascata nascosta in un canyon.
• Heimaey, il cambio di programma meglio riuscito di tutti i tempi.
Dai fiordi occidentali al sud: l’Islanda del ritorno.
L’itinerario in sintesi:
1° giorno: Arrivo a Keflavík
2° giorno: Vogar (A) – Grabrok (B) – Hraunfossar e Barnafoss (B) – Hvítserkur (C) [234 km]
3° giorno: Hvammstangi (C) – Drangsnes (D) – Ísafjörður (E) – Súðavík (E) [354 km]
4° giorno: Súðavík (E) – Suðureyri (F) – Dynjandi – Brjánslækur [166 km]
5° giorno: Brjánslækur – Flatey (G) – Stykkisolmur (H) [traghetto]
6° giorno: Stykkisolmur (H) – Seljandsfoss – Hvolsvöllur [305 km]
7° giorno: Vestmannaeyjar (J) – Jökulsárlón (I) – Skogafoss – Hlíðarendi [604 km compreso traghetto]
8° giorno: Hlíðarendi – Keflavík [157 km]
5º giorno: Brjánslækur – Flatey – Stykkishólmur
Il traghetto Baldur collega Brjánslækur nei fiordi occidentali con Stykkishólmur, nella penisola Snæfellsnes, passando dall’isola di Flatey. A prescindere dalla voglia o meno di fare una sosta su quest’ultima, è comunque un modo per ritornare sulla Hringvegur che permette di risparmiare un sacco di tempo e di chilometri.
Il nostro traghetto sarebbe partito intorno alle 12.15 da Brjánslækur e ci avrebbe portati in un’ora a Flatey, dove alle 20.00 avremmo preso quello per Stykkishólmur.
Flatey è un’isoletta di appena 2 chilometri quadrati, abitata stabilmente da 5 persone.
Sì, hai letto bene: 5 persone.
Ha un’unica strada che collega il molo all’«old village». C’è una chiesa costruita nel 1926, la quale all’interno presenta dipinti di scene di vita islandese realizzati dal pittore catalano Baltasar Samper negli anni Sessanta, in cambio di ospitalità gratuita quando visitò l’isola: non stupirti, quindi, di vedere un Gesù in lopapeysa, il tipico maglione islandese. Alla breve lista si aggiungono un hotel con qualche stanza e un buon ristorante, molto carino e dove ci mangia anche abbastanza bene; la biblioteca più antica e più piccola dell’Islanda e una manciata di tipiche casette colorate deliziose.
Oltre alla curiosità di visitare un posto così remoto e particolare, ci siamo fermati a Flatey perché avevo letto che vi si trovano numerose specie di uccelli marini, in particolare i puffin: infatti, gli unici a scendere dal traghetto siamo stati noi e due ornitologi [che incontreremo anche sul traghetto per Heimaey]. Ma, anche qui, non siamo stati particolarmente fortunati coi pulcinella di mare.
Flatey ha un’aura davvero unica, fuori dal tempo, quasi malinconica, nonostante i colori pastello dei muri e un gruppetto di bambini che ci ha intrattenuto per un po’ con i loro giochi.
Devo dire però che, a meno che non si voglia proprio calarsi completamente nell’atmosfera dell’isola passandoci la notte, per esempio, o fare delle escursioni in barca, 7 ore possono diventare davvero lunghe, specie se fuori impazza la bufera. Credo che avrei preferito spendere quel tempo a Heimaey, l’isola più grande delle Vestmannaeyjar, dove invece le cose da fare e vedere sono tante e la giornata è volata via troppo in fretta. Quindi, il mio consiglio è quello di evitare di fermarsi a Flatey se hai ancora tanto da vedere in Islanda, se il meteo non promette nulla di buono e se non senti l’esigenza impellente di staccare dal resto del mondo – sensazione che è abbastanza difficile provare durante un viaggio da queste parti – almeno fino a quando gli orari dei traghetti non permetteranno soste più brevi.
Quella notte abbiamo dormito a Stykkishólmur, dove eravamo già stati durante il nostro primo viaggio in Islanda e alla quale mi sento particolarmente legata, senza un reale motivo, se non quello che mi fa pensare ad una delle scene più belle del film I Sogni Segreti di Walter Mitty.
Finalmente ero riuscita a prenotare una sistemazione in una vera casa islandese abitata da veri islandesi e la cosa mi incuriosiva non poco: in realtà l’islandese era uno solo, un uomo dalla pancia rotonda e la barba bianchissima, che se fosse stato vestito di rosso mi sarei convinta di aver incontrato il vero Babbo Natale.
Abbiamo passato la serata a sfogliare vecchie foto di famiglia ed ascoltare storie di isole spazzate via da eruzioni e terremoti: nonostante la pulizia e l’ordine fossero concetti totalmente sconosciuti all’interno della casa, è stata un’esperienza che si colloca tra i ricordi più dolci di questo viaggio.
6º giorno: Stykkishólmur – Seljandsfoss
Dopo aver fatto colazione alla caffetteria della biglietteria dei traghetti – unico locale trovato aperto in zona quella mattina – e un giretto per il porticciolo di Stykkishólmur, ci siamo messi in macchina per spostarci verso sud, destinazione: Seljalandsfoss.
Seljalandsfoss è una delle cascate islandesi più famose e la sua particolarità non sta nelle dimensioni, ma nella possibilità di girarci attorno a 360 gradi. E’ davvero qualcosa di spettacolare e la sua vicinanza alla Ring Road la rende facilmente accessibile. Preparati, quindi, sia ad un bagno di folla che ad un vero e proprio bagno d’acqua: dal salto si alza talmente tanto vapore che se ne esce completamente zuppi.
A qualche centinaia di metri, si trova Gljúfurárfoss, una cascata nascosta in un piccolo canyon che molto spesso viene ignorata. Per raggiungerla bisogna entrare in una grotta saltellando sulle pietre per evitare di camminare coi piedi nell’acqua. Io fremevo all’idea di guardare Seljalandsfoss dalla sua parte più nascosta – che per me rimane una delle esperienze più belle di questo itinerario – ma trovarsi davanti a Gljúfurárfoss è stato qualcosa di grandioso, impareggiabile.
Sempre nella nostra ricerca spasmodica dei pulcinella di mare, dopo aver concluso la visita alle due cascate, abbiamo deciso su due piedi di andare nel vicino porto di Landeyjahöfn a chiedere informazioni sui traghetti per Heimaey.
Ne siamo usciti con una prenotazione per l’indomani mattina.
7º giorno: Vestmannaeyjar – Jökulsárlón – Skogafoss
Vestmannaeyjar è un arcipelago a largo della costa meridionale, raggiungibile in mezz’ora di traghetto dal porticciolo che si trova in linea d’aria proprio davanti a Seljalandsfoss.
Nella nostra ricerca disperata delle pulcinella di mare, come dicevo pocanzi, abbiamo deciso di aggiungere l’isola di Heimaey la sera per la mattina: gita non programmata riuscitissima, non solo per le pulcinella di mare, quanto per la bellezza del posto.
Un po’ a causa della nostra poca preparazione e un po’ per le informazioni vaghe e centellinate della ragazza della biglietteria – la quale tra l’altro ci consigliava di lasciare la macchina a Landeyjahöfn perchè “tanto Heimaey è cosi piccola da poterla girare a piedi” – abbiamo deciso di prenotare il traghetto per rientrare a metà pomeriggio.
Ecco, questo probabilmente è l’unico neo dalla giornata: il troppo poco tempo trascorso sull’isola e tante cose che non siamo riusciti a fare.
Già l’arrivo in porto è uno spettacolo da non perdere: il traghetto passa lentamente tra scogliere altissime e faraglioni – frutto di un’attività vulcanica senza precedenti – ravvicinati gli uni agli altri e popolati da migliaia di pulcinelle di mare, gabbiani e altri uccelli marini.
Oltre ad ospitare la più grande colonia al mondo di pulcinella di mare ed offrire una vista su degli scorci spettacolari, a Heimaey le attività possibili sono diverse: alle uscite in barca si aggiungono, per esempio, il trekking fino al cratere Eldfell, il vulcano che nel 1973 distrusse praticamente l’intero villaggio; quello a Eldfellshraun, un campo di lava attraversabile da diversi sentieri che portano fino al forte di Skansinn e al «cimitero delle case»; la salita sullo Stóraklif, la ripida collina affacciata sul porto la cui sommità si raggiunge seguendo un impegnativo sentiero che già solo a guardarlo da sotto mi dava una certa ansia; ed, infine, Stórhöfði, la punta meridionale dell’isola dove sorge una stazione meteorologia. Da qua sopra, se si riesce a non farsi spazzare via dal vento potentissimo, si gode di una vista davvero eccezionale che può comprendere anche la testolina di un puffin che, di tanto in tanto, spunta tra i ciuffi d’erba.
Una volta tornati sulla terraferma – sostantivo che in relazione all’Islanda, bisogna dirlo, fa un po’ sorridere – ci siamo diretti a Jökulsárlón. Anche qui ci eravamo stati durante il nostro primo viaggio, ma quel giorno c’era un nebbione che – certamente ne aumentava l’effetto mistero – ma che ci aveva lasciato un po’ con l’amaro in bocca.
E poi Jökulsárlón è semplicemente uno di quei posti che potresti vedere un milione di volte continuando a sorprenderti. Quindi abbiamo percorso questi 266 km per andare, che si sono poi raddoppiati per tornare indietro e raggiungere l’hotel di quella notte: abbiamo guidato fino alle 11 di sera, anche se la luce perpetua ci ha aiutato a confondere il nostro orologio mentale e a non sentire la stanchezza.
E’ stata un po’ una pazzia, una sorta di scommessa contro il tempo – quello meteorologico intendo – perché in Islanda, si sa, non si possono fare previsioni e, a dirla tutta, stava già piovendo quando abbiamo deciso di andare.
Ed ha continuato a piovere anche quando eravamo finalmente arrivati, ma cavolo se n’è falsa la pena.
Lungo la via del ritorno abbiamo fatto una breve sosta anche a Skogafoss, giusto per non farci mancare nulla.
8º giorno: partenza
Ed anche per questo viaggio è arrivato il giorno della partenza.
Dall’hotel all’aeroporto di Keflavík ci separavano 157 chilometri, quindi, non avevamo programmato soste particolari.
Ci siamo fermati giusto a fare qualche foto ai cavalli che incontravamo lungo la strada – non tutti quelli che incontravamo, ovviamente – e all’esterno di Bláa lónið, la Blue Lagoon, per goderci ancora una volta la meraviglia delle sfumature turchesi che regala l’incontro tra l’acqua e la silice, lì dove aveva avuto inizio il nostro primo viaggio in Islanda e lì dove le abbiamo promesso di tornare ancora.
Ciao Francesca,
quest’anno ad Agosto tornerò per la seconda volta in Islanda, un posto di cui come te mi sono innamorata a prima vista. La prima volta però sono stata solo pochi giorni e sono rimasta nella parte sud per le principali attrattive turistiche. Stavolta vorrei visitare i fiordi occidentali e una parte del nord. Sapresti consigliarmi se è realmente indispensabile un’auto 4×4 oppure in estate una buona macchina a noleggio può bastare? Ti ringrazio in anticipo e ti faccio i complimenti per il tuo bellissimo blog. Un saluto!
Michela
Ciao Michela, grazie!
Eh, noi da un po’ di tempo stiamo pensando tornarci per la terza volta.. ma ci stiamo trattenendo, non so ancora per quanto resisteremo pero!
In linea generale, secondo me, in Islanda il fuoristrada è indispensabile se si ha intenzione di fare un giro nell’entroterra, verso Landmannalaugar per esempio o raggiungere posti remoti, ma è chiaro che avete ben altro itinerario in mente. Le strade che attraversano i fiordi occidentali, quelle che ne seguono il profilo lungo la costa, sono per la maggior parte asfaltate e in ottimo stato, quindi non credo avrete problemi a percorrerle senza un 4X4.
Stesso discorso vale per la parte nord. Immagino che arriverete da est e non vi spingerete oltre Akureyri: i posti che probabilmente raggiungerete sono serviti per buona parte dalla Ring Road e da altre strade asfaltate e in ottime condizioni.
Detto questo, nella scelta della macchina, io terrei conto anche del meteo islandese, soprattutto del vento che molto probabilemente avrei avuto il piacere di conoscere anche tu: un 4×4 mi darebbe piu sicurezza, piu stabilità, pero’ questa è una considerazione abbastanza personale.
Se hai altre domande sono qui e buon viaggio!
Francesca
Ciao Francesca,
intanto grazie infinite per la risposta. Con la mia compagna di viaggio stiamo studiando un itinerario proprio ora, ma ad esempio ci eravamo annotate anche Landmannalaugar come punto di interesse. Un altro posto che ci piacerebbe molto vedere é il lago nel cratere Askja, ma ho letto che le escursioni organizzate sono super costose e arrivarci da soli è abbastanza difficoltoso. La sostanza è che cercheremo, per quanto possibile in Agosto, itinerari un po’ meno battuti dal circuito turistico.
Anche sulla base delle tue considerazioni penso che prenderemo un veicolo 4×4.
Se mi vengono in mente altre domande approfitto della tua gentilezza.
A presto e buona giornata
Michela
Ciao Michela, se avete in mente di spingervi fino al cratere Askja e Landmannalaugar allora ci vuole sicuramente il 4X4, pero appoggio in pieno questa idea di itinerario: quella zona è spettacolare! Se hai bisogno di qualche info in piu poi dare un’occhiata a questo articolo del blog http://senzazuccherotravel.com/entroterra-islandese/, non so se lo hai già letto.. guadi e sterrati, una bella dose di avventura ma ne vale la pena fino all’ultimo chilometro!
Un abbraccio,
Francesca
Ciao! Ti abbiamo nominato al Sunshine Blogger Award 2018: nell’ultimo articolo sul nostro blog trovi tutte le informazioni utili… a presto!
Ciao! Ti abbiamo nominato al Sunshine Blogger Award 2018: nel nostro ultimo articolo sul blog trovi tutte le infrmazioni… A presto!
Grazie per avermi nominata! Passo a leggere al piu presto, un abbraccio!