Non c’è altra cosa al mondo, sia nel viaggio che nel quotidiano, mi emozioni di più – anche se può sembrar banale – degli animali e dei bambini. Specie con i primi cerco un contatto diretto, quando è possibile e sempre nel rispetto degli stessi, ma anche solo il poter osservarli, nel loro habitat naturale, per me è fonte di gioia infinita.
Durante i miei viaggi ho avuto la fortuna di toccare gli animali più innocui e teneri del mondo, ammirare da lontano quelli più schivi ed affascinanti, spaziando dall’elefante nervosetto durante un safari in Africa al timore di incontri ravvicinati con i più pericolosi animali australiani.
Ma nessuno di questi mi ha mai messo in difficoltà, influenzando le mie scelte con la loro ingombrante presenza, come hanno fatto invece i gabbiani in diverse occasioni.
Nei meccanismi di questa convivenza forzata, sono loro, secondo me, i vincitori indiscussi nel rapporto uomo-animale: ci osservano, ormai ci hanno capiti, conoscono le nostre abitudini e sfruttano con furbizia la loro conoscenza per prendersi gioco di noi.
Finora ho incontrato, principalmente, tre tipi di gabbiani:
i gabbiani di città
[Roma]
Sono quelli più discreti, ma all’accorrente sanno essere molto insistenti.
Uno in particolare si è presentato in ufficio all’improvviso, da un giorno all’altro ce lo siamo ritrovato a guardaci mentre eravamo presi dal lavoro, seduti alle nostre postazioni.
Inizialmente ignorato, il soggetto ha fatto di tutto per attirare la nostra attenzione nei giorni a seguire, spingendo qualcuno a cedere e condividere la colazione con lui.
Grazie al piglio curioso e inquisitorio e l’approccio fermo e deciso, dopo una breve riflessione sulla rosa manageriale, è stato unanimemente eletto a capo della divisione: aveva lo sguardo più sveglio ed intelligente di altri, mantenendo la capacità di interrompere la nostra concentrazione con richiese insistenti e banali, ribattendo sui vetri sulla questione per ottenere quello che voleva.
i gabbiani isolani
[Ireland’s Eye – Howth, Irlanda]
Siamo a Dublino per un week-end lungo e decidiamo di allontanarci dalla città per una gita fuoriporta.
In treno arriviamo a Howth, un grazioso villaggio di pescatori sulla costa, poco distante dalla Capitale e altrettanto vicino al suggestivo faro di Baily. Prima di dirigerci verso le famose scogliere irlandesi dove sorge il faro, attratti dall’isolotto che spunta fuori dalle acque proprio davanti al porto e sembra pullulare di vita (umana e animale), decidiamo di chiedere un passaggio ad un pescatore e anche noi alla fine approdiamo sulla sponda opposta.
L’isola è una piccola collinetta emersa che – suppongo – si possa girare in poco più di un’ora. Vedendo tantissima gente sull’apice del promontorio, ci mettiamo in marcia verso quella direzione: pochi minuti ci bastano per capire che non saremmo giunti da nessuna parte, perché ad ogni tentativo di avanzata almeno un paio di gabbiani si alzavano in volo pronti a difendere la propria covata a suon di beccate in testa e bombardamenti dell’alto.
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Tentando di cambiare percorso più volte, ci rendiamo conto che l’isola in realtà è un immenso nido di gabbiano.
Come abbiano fatto ad arrivare tutte quelle persone in cima alla collina non lo sapremo mai: noi siamo rimasti confinati sulla spiaggetta, vicino alla Torre Martello, in attesa che lo stesso pescatore ci venisse a recuperare.
i gabbiani vip
[Monte Carlo]
Sono quelli che ho incontrato in hotel e che, senza troppe cerimonie, hanno preso posto – il mio posto – a tavola per fare colazione.
Sono entrata nel ristorante ancora con il tepore delle lenzuola addosso e la rilassatezza di quando ti sei appena svegliato nel letto più comodo mai provato in vita tua. Sono felice e rilassata: è una bella giornata, la sera prima abbiamo vinto una discreta cifra al casinò che coprirà tutte le spese di questo weekend sopra le righe e ho il sorriso di chi ha la vita che gli sorride.
Loro, invece, sono sul parapetto della terrazza affacciata sul porto, si godono il sole e la brezza marina, mentre faccio la spola tra il buffet all’interno e il tavolo all’aperto. Sono pazienti, stanno li ad aspettare con un piglio quasi disinteressato, mi lasciano il tempo di portar fuori il caffè, il cornetto, la frutta e le uova strapazzate: mentre sono in attesa che il pane in cassetta sia caldo abbastanza, si scagliano proprio su quest’ultime ad ali spiegate, banchettando alla faccia mia tra una beccata, urla di vittoria e i resti della mia colazione che volteggiano per aria.
E voi avete avuto esperienze simili con questi simpatici pennuti?
Io ho un gabbiano tatutato su una spalla, ricordo di uno splendido viaggio-studio in Irlanda: una mattina alle sei ero su una scogliera, uno stormo di gabbiano si è alzato in volo e ho avuto un profondo slancio di libertà. 🙂
Un abbraccio grande!!
Il tuo ricordo legato ai gabbiani è sicuramente più poetico del mio!
ahahah mi son divertita un sacco a legegre questo post!
A me non è mai capitato di avere incontri ravvicinati con i gabbiani…li ho solo visti zampettare tranquilli in spiaggia al tramonto, ma non han cercato di rubarmi il cibo ^^
Probabilmente perché l’avevano rubato a qualcun altro poco prima!