Brixton è una zona di Londra che mi ha sempre attirato come una calamita ma dove, durante il periodo della mia permanenza nella capitale inglese, non mi sarei mai avventurata da sola.
Avevo sentito troppe storie spaventose su Brixton dalla mia coinquilina, ma, al tempo stesso, avere lei al mio fianco era come avere nelle mani la mappa dettagliata di quel quartiere, con le strade che si potevano fare e quelle da evitare assolutamente.
E allora di tanto in tanto le chiedevo se le andava di accompagnarmi il sabato mattina al Brixton Market, sapendo già che la risposta sarebbe stata positiva. Nonostante le varie disavventure, di cui era stata alcune volte testimone e in altre vittima, l’avessero convinta a spostarsi in un quartiere più tranquillo dopo qualche anno, a Tiziana brillavano gli occhi al solo pensiero di farsi un giro da quelle parti.
Il nostro tour consisteva nel tirare dritto dalla stazione della metro fino al mercato, zizzagando tra i pusher che ci proponevano la qualunque, concludere qualche affare presso i banchi che lei conosceva a memoria, fare un salto nella via in cui aveva vissuto e mangiare il piatto del giorno con le immancabili banane fritte al solito café caraibico di cui Tiziana era stata un habitué.
Fu proprio il pretesto di farmi assaggiare le banane fritte del giamaicano a convincermi ad andare la prima volta a Brixton. Già alla seconda, era diventata l’ultima tappa obbligata prima di rientrare a casa.
Brixton ha una grandissima eredità afro-caraibica che ha avuto inizio nel 1948 con l’approdo della Empire Windrush, dalla quale scesero circa 500 giamaicani con la speranza di una vita migliore nel Regno Unito. Quella giamaicana a Brixton non può essere definita solo “influenza” perché a distanza di sette decenni da quello sbarco, tale cultura è viva e la si sente più forte che mai in ogni centimetro di Windrush Square, nel cibo, nei locali, nella musica, nei saloni di bellezza.
C’è un senso di comunità che si respira per strada, un senso di appartenenza che all’epoca ti lasciava fuori senza diritto di replica, perché si vedeva da lontano un miglio che non eri di Brixton, a prescindere dal fatto che fossi giamaicano o meno. Una comunità che allo stesso modo era pronta ad accoglierti senza distinzioni di sorta e lo testimoniano la presenza di chiese cattoliche, moschee e sinagoghe a distanza di poche strade l’una dall’altra.
Brixton è un fantastico melting-pot che si rimescola e reinventa da più di cento anni, tra gioie e dolori.
Chi conosce un minimo la storia recente di Londra associa facilmente il nome di Brixton alle agitazioni degli anni ’80, all’attentato terroristico contro la comunità afro-caraibica di fine anni ’90, al Cannabis Festival degli inizi degli anni 2000.
Chi ama la musica pensa a Brixton come il luogo dove sono cresciuti David Bowie, Adele, Mick Jones dei Clash e Skin degli Skunk Anansie.
Chi scopre Brixton oggi la guarda con gli occhi di chi si trova in uno dei quartieri più alternativi di Londra, riconoscendo nel Pop Brixton il nuovo olimpo dei foodies londinesi dai prezzi super vantaggiosi rispetto al resto della città.
Niente di sbagliato, anzi.
Questo progetto pionieristico ha creato un nuovo spazio in cui la comunità locale ha potuto concretizzare le proprie idee e dare vita a start-up e attività varie, con un investimento iniziale minimo, condividendo spazi ed abilità. Da qui i brand delle high street sono tagliati fuori, è più facile infatti imbattersi in vetrine di stilisti emergenti, street food da tutto il mondo e nuove stazioni radio indipendenti.
Ma il cuore pulsante del quartiere rimane lo storico Brixton Market, che comprende a sua volta Reliance Arcade, Market Row e Brixton Village, creato nel lontano 1870 e che tuttora è un trambusto di colori e sapori, nonché il centro di unione di tutta la comunità afro-caraibica, alla quale si sono mescolati negli ultimi anni amanti della musica elettronica, collezionisti di vinili rari di raggae, esperti di food crawling e turisti avventurosi.
La gentrificazione di Brixton ormai ha avuto inizio.
Alcuni dei suoi abitanti originari si stanno spostando in altre zone a causa del continuo aumento degli affitti e volti nuovi, quelli della media borghesia, stanno arrivando, attirati da quest’aura bohemien che sta avvolgendo sempre di più il quartiere.
E’ un processo irreversibile che si porterà dietro tutti i suoi effetti positivi e negativi e che, probabilmente, trasformerà Brixton, il quartiere rivoluzionario per eccellenza, in qualcosa di molto simile a Shoreditch o Camdem Town.
Anche in questo caso, nulla di sbagliato. E’ giusto che anche Brixistane sia sotto ai riflettori, di nuovo, ma per qualcosa di buono finalmente.
Brixton continua a farmi temere, ma stavolta per la sua anima autentica, che spero di continuare a sentire in ogni centimetro di Windrush Square.
A Brixton c’ero andata la primavolta in assoluto che sono stata a Londra. Ricordo benissimo che la metro era piena di gente ma non c’era un solo bianco a parte me. Mille etnie che – non che ora sia donna di mondo ma allora ero molto provincialotta – mi hanno spaventata e quindi, con mia vergogna a scriverlo, sono scesa alla mia fermata, ho fatto pochi passi all’inizio del market e me ne sono tornata indietro ‘perchè non si sa mai’.
Questa ero io in un lontano 2005. Sarei tornata a Londra solo nel 2008 e bhè ora sai dove sono. Per dire che quando dico che Londra mi ha cambiata, mi ha cambiata sul serio su tante, tantissime cose.
Grazie per avermi riportata su quella metro, a una me che, anche se non mi piaceva, continua a farmi tenerezza 🙂
Come ti dicevo su Facebook, Londra può essere una grande palestra di vita e anche la me stessa di oggi è in parte frutto di quell’esperienza. Prima di trasferirmi a Clapham Junction nella casa dove ho conosciuto Tiziana, ho vissuto ad East Ham, un quartiere, all’epoca, principalmente asiatico. Ricordo che una mattina, uno dei miei primi giorni di lavoro, il tizio del chioschetto all’interno della metro mi guarda e sorridendo mi fa “Tu sei italiana, ma come ti è venuto in mente di venire ad abitare ad East Ham?” Mi sono guardata attorno: con il mio vestitino di lana bianca e gli stivali rosa scamosciati uguali alla borsetta, ero l’unica a non indossare un sari. Poi mi ha raccontato che aveva vissuto in Sicilia e che ormai gli italiani li riconosceva da lontano. East Ham era/è un quartiere abbastanza tranquillo ma l’impatto poteva essere forte, ma niente a confronto Brixton, dove l’atmosfera era comunque abbastanza dodgy. Se non avessi avuto Tiziana al mio fianco sarei tornata indietro anch’io!
Potrei stare ore a parlare di quel periodo e quanto mi piacerebbe farlo dal vivo con te!