#PeopleInAShot: un viaggio dietro uno scatto rubato

Chicago quella mattina si era svegliata avvolta nella nebbia.

Ricordo di aver sentito tutta l’umidità della città incollarmisi addosso non appena ho messo la faccia fuori e un brivido di freddo indurirmi la pelle.

L’atmosfera era quasi surreale: i grattacieli del Loop erano stati completamente cancellati dallo skyline e la prospettiva che solitamente i rettilinei delle metropoli americane offrono si era ridotta ad una manciata di metri.

Erano le 8 o giù di lì ed io ero alla ricerca di un posto dove fare colazione.

Le due mattine precedenti mi ero fermata in una bakery carina lungo la South Michigan Ave a due passi dall’hotel, mi ero seduta sullo sgabello vicino alla vetrata e avevo bevuto lentamente il mio caffè guardando le persone che stringevano il proprio in una mano, in un bicchiere termico di plastica, mentre camminavano spedite verso l’ufficio.

L’impatto con l’aria fresca – e allo stesso tempo pesante – aveva ridotto stranamente il mio bisogno impellente di caffeina che di solito caratterizza i miei risvegli e la necessità di chiudermi da qualche parte per riempire lo stomaco era passata in secondo piano. Quel giorno sono andata oltre quella porta girevole e poco dopo ho svoltato a sinistra su una via secondaria, seguendo un itinerario dettato dal caso più che da un’idea precisa.

Era chiaro però che l’effetto positivo di quell’atmosfera un po’ spettrale lo avvertivo solo io, avendo l’impressione che Chicago avesse deciso di prendersela un po’ più comoda quel martedì: erano pochissime le auto lungo la Wabash Ave, i marciapiedi insolitamente deserti  e la L sembrava muoversi più lentamente, quasi in silenzio, come se non volesse disturbare chi stava ancora dormendo.

Camminare con il naso all’insù è un istinto naturale in città come Chicago e New York, ma voltarsi in continuazione per controllare come si evolve lo scenario intorno e scattare foto rende tutto più pericoloso, specie quando ci si scontra all’improvviso con qualcuno che non subisce il fascino di un panorama grigio  e misterioso o ha, semplicemente, altro a cui pensare.

***

In fondo alla strada il semaforo è rosso e nel frattempo si è formata una modesta fila.

Un ragazzo in sella ad una bici – il cappello di lana arancione in pendant con la camicia a quadroni e lo zainetto sulle spalle – si posiziona davanti a tutti zigzagando tra le macchine senza nascondere la fretta. Dall’età che dimostra sembrerebbe diretto in ufficio più che all’università. E’ un informatico, mi vien da pensare.

Non so spiegarmi perché abbia attirato così tanto la mia attenzione – no, non perché fosse particolarmente figo, altrimenti ricorderei molto meglio i suoi lineamenti – ma mi ritrovo a seguire ogni sui movimento.

Lo vedo prepararsi alla partenza, le dita che stringono ferme il manubrio e il piede puntato sul pedale in alto, pronto a fare forza allo scattare del via.

E’ verde e la catena della bici compie velocemente qualche giro facendolo avanzare di una decina di metri oltre l’incrocio e poi di colpo rallenta, lasciando che le auto lo superino per poi dileguarsi nella nebbia.

Estrae una macchina fotografica dallo zaino che – non curante – lascia cadere sull’asfalto e, fermo lì in mezzo alla strada, scatta una, due, tre foto.

La sua fretta svanisce.

Chicago

Prendere tempo, sforzarsi di guardare lo stesso luogo con occhi diversi, notare quel dettaglio che cambia una prospettiva.

In quel momento ho capito il senso di quell’attrazione.

Due estranei, vesti diverse, tragitti opposti, lo stesso pensiero:

Chicago stamattina sei più bella del solito.

Questi scatti “rubati” sono intrisi di emozioni e di significati ed ogni volta che li guardiamo ci ricordano il senso di un viaggio.

Emanuele

Questo post è stato ispirato da Emanuele di RecYourTrip, il quale ha lanciato #PeopleInAShot, un modo per raccontare le emozioni vissute in viaggio attraverso una foto in particolare.

L’iniziativa è aperta a chiunque abbia voglia di condividere il ricordo di un viaggio con uno scatto rubato.  Vi invito a leggere tutti gli articoli scritti sinora cercando #PeopleInAShot su Facebook e Twitter perché ne vale davvero la pena.

Francesca

Francesca

Amante del caffè in tutte le sue forme, l'importante è che sia rigorosamente senza zucchero. Expat seriale. Innamorata del mondo in ogni sua sfumatura e latitudine, ha perso il cuore in Africa, ma finisce col cercarlo sempre in altri posti. Ne parla poco, ma ha un debole per Londra e il Medioriente.

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12 thoughts on “#PeopleInAShot: un viaggio dietro uno scatto rubato

  1. Bellissimo racconto ma permettimi, veramente un grande scatto !
    C’è tutto ! L’attimo, la scena, “il racconto” ! E’ una foto piena di contenuti !
    Complimenti Fra !
    Ciao ciao
    Max

    1. Non mi vedi, ma ti assicuro che sto gongolando alla grande leggendo il tuo commento.
      Grazie mille Max!

  2. Incollata allo schermo dalla prima all’ultima parola.
    Sai cos’ho pensato arrivata alla fine? “Vorrei tanto vedere le foto scattate da quel ragazzo”. Sarebbe bello riuscire a ritrovarlo grazie alla rete e scoprire la città dal suo punto di vista, no? 😛
    Un bacione 🙂

    1. Hai ragione Martina, sarebbe davvero bello poter vedere le sue foto e mostrargli la mia: sono sicura che lui non si sia reso conto di essere il soggetto della mia foto 🙂

  3. Ma che bel post!! Mi è sembrato di leggere un romanzo, potremmo quasi inaugurare un altro hashtag, Hai creato una bellissima atmosfera e l’ho letto molto molto volentieri! Vedi che è possibile trovare un #PeopleInAShot anche in ambienti che non diremmo mai! Brava ;-D!

    1. Tipo #ifilmchemifaccioquandocammino? 😀 Grazie mille Emanuele, mi fa davvero piacere il tuo apprezzamento e complimenti ancora per le bella idea!


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